Trasferire in uno spazio bianco i ricordi e gli appunti di un viaggio è sempre molto difficile. Se poi il viaggio è stato intenso, meraviglioso, lungo e variegato come quello che abbiamo fatto ad agosto in Indonesia… ecco che l’impresa diventa quasi impossibile. Ma ci proviamo, perché i colori e gli scenari meritano di essere “fissati” nero su bianco anche nel nostro blog (che è il nostro personalissimo diario…) oltre che nella nostra memoria. Più che un viaggio, tanti viaggi in uno solo: sì, perché siamo passate dal mare alla foresta, dalle spiagge ai vulcani, dai templi buddisti alle risaie, dalla giungla alle pagode. Abbiamo preso terribili traghetti e piccole barche di pescatori, improbabili bus locali e risciò (il bekak!), scooter e mountain bike, taxi, auto… Per rompere il ghiaccio, partiamo dall’ultima tappa del nostro viaggio: l’isola di Java. Famosa per i batik e il caffè (by the way, abbiamo capito che, curiosamente, ci pace molto la varietà Robusta, meno acida della ben più preziosa Arabica, che qui in Italia va per la maggiore), Java è un’isola popolatissima (pare sia l’isola più densamente popolata del mondo…) e molto interessante sotto il profilo paesaggistico. Bene. In cima alla nostra personale classifica delle cose da ricordare, non può mancare l’alba al vulcano Bromo: una meraviglia. Semplicemente.
Sempre a Java, impossibile non menzionare una delle esperienze più belle mai fatte in assoluto: il giro in barca con i pescatori, alle isole Karimunjawa, piccolo arcipelago ancora non completamente contaminato dal turismo e dagli hotel, davvero una “chicca”. La barriera corallina è una delle cose più belle mai viste al mondo: pesci di ogni tipo, di ogni colore, di ogni grandezza e soprattutto una “foresta” di corallo, intatta e così bella da lasciare senza fiato. Persino commovente assistere nel silenzio dello snorkeling a uno spettacolo così…straniante! Qui alle Karimunjawa, in particolare, abbiamo trovato il nostro paradiso in terra: la parola “paradiso” è stra-abusta ma, fidatevi, è persino troppo poco per descrivere lo stupore quando siamo arrivati alla “nostra” isoletta: un atollo minuscolo e disabitato, di sabbia bianca e mare color… cristallo, ma anche azzurro, turchese, verde, celeste e tutta la gamma dei blu che esiste al mondo. Non abbiamo parole per descriverla e non ci sono fotografie che le rendano giustizia. Possiamo solo evocarla e ricordarla nella nostra memoria.
Per concludere questa prima parte del nostro reportage dall’Indonesia ecco una ricetta che ci porta ai sapori della vacanza. Che ci porta a Java, dove l’ananas è stato uno dei protagonisti assoluti di moltissimi piatti, in particolare proprio alle isole Karimunjawa. Qui abbiamo alloggiato in un resort spartano (la doccia solo fredda e all’aperto, la corrente elettrica disponibile solo per qualche ora, di notte, insieme a rumori di animali di ogni genere e sorta che non vogliamo nemmeno sapere cosa fossero!) ma delizioso, l’Ayu Hotel. La padrona di casa era una cuoca eccellente e per quattro giorni abbiamo abbandonato con immenso piacere nasi goreng e noodle (basta: dopo un po’ davvero non se ne poteva più…) per provare altri sapori e soprattutto una cucina indonesiana “casalinga”. Miss Eryl ci ha deliziato con piattini come l’eccellente pesce locale cotto nella foglia di banana con una salsa al mango verde, un ottimo pollo con ananas e cipolle rosse, i gamberi cotti nel latte di cocco, una strepitosa salsa di arachidi per accompagnare pollo e pesce (presto la ricetta qui sul blog!), banane fritte degne di questo nome e ottimi pancake a colazione, insieme a una sorprendente frittata con patate e cipolla. Oh, ya(che sarebbe “sì” in indonesiano).